Impresa sociale in Liguria: ricerca ed esperienze

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Breve intervista alla professoressa Clara Benevolo , ricercatrice del Cenpro e docente presso la Facoltà di Economia di Genova.
L’evento organizzato dal Cenpro era diviso in tre giornate; nelle prime due i lavori sono stati diretti a scoprire “cosa bolle in pentola” dal punto di vista normativo (riforma del libro primo del codice civile in testa), e come tali proposte vadano incontro ai bisogni (sociali, organizzativi, economici) dell’Economia sociale italiana ed europea.
Nella terza giornata si sono confrontate alcune realtà liguri ed è stata presentato dalla Prof.ssa Benevolo il volume del Cenpro sulle imprese sociali liguri dal titolo “Fare Impresa Sociale in Liguria. Un percorso tra organizzazioni, bisogni e mercati”.

Prima domanda: ma allora l’impresa sociale esiste già, anche senza una legislazione dedicata?

Certo esiste già. In prima approssimazione possiamo sicuramente rispondere così anche perché ritengo che, spesso, il legislatore arrivi dopo a riconoscere e normare qualcosa che esiste già. Certamente questo non vuol dire che quando parliamo di impresa sociale stiamo tutti pensando e parlando della “stessa cosa”. Su questo la nostra ricerca ha tratto beneficio dalle ricerche che il Cenpro ha svolto in passato, nonché di quelle di molti studiosi italiani ed europei, ed ha cercato di “trovare e misurare” l’impresa sociale presente e attiva nella nostra regione. Questo lavoro è stato svolto partendo da una definizione che vede nell’Impresa Sociale “un’organizzazione autonoma, nata per iniziativa della società civile, che produce beni e servizi per il mercato in modo continuativo attraverso processi produttivi efficaci ed efficienti finalizzati all’innovazione sociale. Essa persegue una mission di tipo sociale attraverso una struttura di governance democratica e partecipata, distribuendo solo in misura limitata gli utili conseguiti”. Sulla base di questa definizione sono stati individuati una serie di requisiti ed indicatori successivamente adottati nella fase di ricerca empirica.

Esiste il rischio che il concetto di sussidiarietà possa portare a livelli di grave contrapposizione la concorrenza tra imprese sociali e tra queste e quelle non sociali? Nel caso esistesse, quali sono i rimedi possibili?

Sicuramente porta concorrenza, ma non si può parlare in termini generali di rischi di contrapposizioni e lotte “distruttive”. Nel mondo economico attuale competizione e collaborazione sono le due facce di una stessa medaglia. Sussidiarietá vuol dire che, quanto piú é possibile, i bisogni che nascono vanno risolti nel punto stesso in cui si manifestano e per iniziativa di chi ne è portatore.
In una comunitá locale sono proprio gli intrecci – e non le contrapposizioni – tra pubblico, privato, sociale, quelli che fanno nascere una diversa qualitá nelle risposte e fanno nascere mercati che non sono descrivibili come una mano invisibile che mette a “posto tutto”, ma come il risultato di un processo di costruzione sociale.

E la Liguria dell’industria affondata, del terziario poco avanzato; come risponde alla sfida dell’impresa sociale?

Purtroppo sono un po’ pessimista su questo. Ritengo che ancora oggi si pensi all’impresa sociale come residuale, occasionale o eccezionale…. e che “poi non dura” perché le imprese vere sono altre. Certamente il duraturo e frequente ricorso al contracting out e agli appalti al ribasso hanno segnato e condizionato il mondo della cooperazione sociale locale, “tarpandone le ali” e senz’altro contribuendo a ridurne la spinta solidale ed etica. Tuttavia bisogna evidenziare che l’imprenditoria sociale non è composta solo o soprattutto da cooperative sociali e che la quota di organizzazioni non profit che in Liguria ha intrapreso un percorso verso l’aziendalizzazione e l’imprenditorialità è in crescita sia in termini di numeri che di qualità delle attività e delle performance.

Carlo Mazzini

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