Nessuna Guerra al 5 per mille, nessuna pace per l’Agenzia del III settore

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Venerdì mattina ho partecipato ad un’interessante Comitato Editoriale di Vita, che vedeva la qualificata presenza del sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, professoressa Maria Cecilia Guerra.

Trovate sul sito di Vita il resoconto completo della riunione.

La professoressa Guerra ha chiarito che non ce l’ha con il 5 per mille, tanto meno in un periodo di penuria di risorse. Ha confermato che mantiene su diversi aspetti alcune riserve che in tempi non sospetti aveva già espresso sul sito lavoce.info nel gennaio di un anno fa.

Nello specifico, su un aspetto mi sento di dare un suggerimento al sottosegretario; la questione dei costi di pubblicità del 5 per mille.

Dal 5 per mille 2010, per legge non è possibile inserire tra i costi da rendicontare quelli sostenuti per la pubblicità al 5 per mille. Questa genialata sarebbe dovuta servire a rendere “puro” il 5 per mille, riducendo gli investimenti pubblicitari delle grosse organizzazioni.

In realtà, come qualsiasi essere umano utilmente provvisto di pollice opponibile può comprendere, il fatto di non rendicontare quei costi non mi vieta di investire anche tutto il 5 per mille in pubblicità, anzi, avendone la disponibilità, sarò spinto a usare massicciamente risorse proprie nella pubblicità per ricavarne almeno altrettante dal 5 per mille.

Alla professoressa Guerra suggeriamo invece di rendere obbligatoria a fianco (e non all’interno) della rendicontazione (che comunque descrive costi sostenuti successivamente alla pubblicità del 5 per mille) la spesa sostenuta dall’ente per il 5 per mille rendicontato.

Faccio un esempio: per il prossimo 5 per mille da rendicontare (2009) l’ente rendiconta l’uso delle risorse (che gli sono arrivate nella seconda metà del 2011; nella relazione aggiunge obbligatoriamente (ad esempio per chi ha ricevuto più di 200.000 euro) una dichiarazione dei revisori relativa i costi di pubblicità sostenuti nel 2009 per il 5 per mille.

Mi sembra che il gioco valga la candela, e soprattutto si costruisca un sistema più certo, con dati “in chiaro”.

In merito all’Agenzia del III settore – parlandone da viva – l’idea preferita dal ministero sarebbe quella di incorporarne le funzioni all’interno della Direzione per il Terzo settore e le formazioni sociali.

Mi permetto di dissentire. Non basta un Direttore competente – come l’attuale – e personale che speriamo segua a ruota, bisogna avere una caratteristica sconosciuta in Italia, proprio in merito alle Agenzie e Authority: la terzietà!

Lo scrive anche il Sole di questo Lunedì 13 febbraio, che conclude un articolo a pag 9 (a firma di Elio Silva) proprio riferendosi a questa caratteristica descritta dalla legge istitutiva. C’è poco da dire; un ufficio in balia degli umori politici di ministri, vice-ministri, sottosegretari (ovviamente non parliamo dei presenti) non sarà più “terzo” rispetto alle pressioni della politica. Ci va bene?

Infine, pur non riferito nell’articolo di Vita, ho sentito la professoressa Guerra affermare che le scorse settimane nel corso di una telefonata riservata con Zamagni, quest’ultimo si diceva possibilista sull’ipotesi di incorporamento delle funzioni dell’Agenzia dentro il dicastero di via Fornovo, chiedendo solo un periodo di pochi mesi di sovrapposizione per un sereno passaggio di consegne.

Cosa ha dichiarato – invece – a gran voce le scorse settimane il professor Zamagni? Su Vita del 3 febbraio scorso tuonava (pag 9): “probabilmente alla fine l’Agenzia verrà trasferita a Roma e affidata ai burocrati della Presidenza del Consiglio. Ma mi chiedo che competenze abbiano per svolgere quelle funzioni che dovrebbero essere dell’Agenzia. Se si vuole deburocratizzare l’amministrazione, come il governo giustamente proclama, questa è una scelta del tutto contraddittoria”.

Mantenga la posizione, professor Zamagni!

Carlo Mazzini

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