Stabilizzazione del 5 per mille: la carica delle bufale

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L’ottimo è nemico del bene, chiosavano i preti nella mia adolescenza.

Vero, quando il bene è identificabile come tale; falso quando il bene non è bene.
Questo incipit da foglietto di Baci Perugina è dovuto dal mio sbigottimento a leggere una notizia messa in rete da Vita. La questione in premessa è: da anni desidereremmo la stabilizzazione del 5 per mille. Da anni un disegno di legge sulla stabilizzazione del 5 per mille si trova arenato nell’indifferenza totale dei parlamentari – in primis dei cd Sussidiari – che hanno sì promosso il ddl ma limitandosi ad accendere la fotocopiatrice e prendendo paro paro i testi del 5 per mille delle prime 5 edizioni, ignari del fatto che così come scritto il 5 per mille funziona maluccio. Chissà se se ne sono accorti i nostri Sussidiari che i soldi arrivano con un ritardo spaventoso, che non vi è mai la certezza che arrivino per intero, che la regolamentazione del meccanismo – di per sé di una banalità immediatezza sconcertante – è resa farraginosa dalla scrittura di decreti di attuazione (DPCM) che fanno acqua da tutte le parti.
La novità, riportata da Vita, dal sito Il Sussidiario e da quello dell’ineffabile onorevole Lupi, consiste nel fatto che, a seguito di un incontro tra il Comitato Editoriale di Vita e alcuni parlamentari, il senatore Cosimo Latronico ha presentato un emendamento al decreto fiscale che, riprendendo il tema della stabilizzazione del 5 per mille, fissa un tetto di 450 milioni di euro annui, “superiore a quello delle recenti edizioni del 5 per mille” come affermano i siti.
Quest’ultima affermazione è azzardata. L’ultima edizione della quale si conoscono i numeri (in termini di palanche) è quella del 2009. Come scrissi anche su Vita, se andate a vedere i dati che scaturiscono da circa 15 milioni di dichiarazioni 2009, noterete come – per magia – la somma di tutti i singoli 5 per mille facciano esattamente 420.000.000,00 euro.
Due ipotesi: o si è arrivati al numero tondo (al centesimo!!!) attraverso la somma di 15 milioni di addendi perché si è Copperfield, celebre mago, oppure qualcuno – non si sa sulla base di quale disposizione e potere (autoconferito) – ha già operato un taglio del quale non ci è stata detta la misura, la ragione e la destinazione del residuo tagliato.
Quindi, come al solito per il non profit, stiamo parlando di numeri che non conosciamo, stiamo contrattando con una parte politica indolente e che si fa forte della nostra ignoranza, intesa come impossibilità di sapere.
Una vocina, peraltro, mi ha detto che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali avrebbe dato parere negativo all’emendamento, in quanto ricambierebbe l’ambito soggettivo dei beneficiari. Ci abbiamo messo 7 anni per avere qualche certezza, e ora passa il primo Latronico che cambia i soggetti destinatari!
Sulla questione del tetto ci sono due aspetti interessanti.
Il primo consiste nel fatto che ci siamo sempre chiesti che valore dare ai cd “tetti” al 5 per mille.
Le note di lettura all’Atto del Senato 2968 (legge di stabilità 2012, poi diventata L 183/11 che recava in sé le disposizioni sul 5 per mille 2012) contengono una precisazione rilevante a questo proposito.
A pag 115 leggiamo
“Anche se la lettura è resa incerta dalla tecnica delle proroghe, la disciplina richiamata sembrerebbe prefigurare un diritto delle associazioni a ricevere le quote dell’Irpef corrispondenti alle scelte espresse. La norma non parrebbe, quindi, configurarsi come limite massimo di spesa ai sensi della legge 196/2009, art.17, comma 1, quanto piuttosto come spesa prevista, la cui quantificazione dovrebbe essere definita sulla base di una stima puntuale, con elementi riportati in RT (relazione tecnica, ndr) per verificare la congruità della copertura.
In considerazione di quanto precede andrebbe, pertanto, valutata l’introduzione di una clausola di salvaguardia per la compensazione degli eventuali effetti finanziari che eccedessero la previsione di spesa”.
Come dire; è un diritto delle associazioni (incidentalmente lo dice anche la Corte Costituzionale, non Quinonprofit) e pertanto gli sghei riportati sono una previsione di spesa, non è un limite massimo di spesa. Nel momento in cui si eccedesse dalle somme previste, si andrebbe ad operare come stabilito dall’art 17, c 1 della L 196/09 che afferma
“… La copertura finanziaria delle leggi che comportino nuovi o maggiori  oneri,  ovvero  minori  entrate,  e’ determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalita’:
    a) mediante utilizzo  degli  accantonamenti  iscritti  nei  fondi speciali previsti dall’articolo 18, restando precluso sia  l’utilizzo di  accantonamenti  del  conto  capitale  per  iniziative  di   parte corrente, sia l’utilizzo per finalita’ difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e debitorie e per provvedimenti in  adempimento di obblighi internazionali;
    b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti  o in contabilita’ speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione  dell’entrata  delle risorse da utilizzare come copertura;
    c) mediante modificazioni  legislative  che  comportino  nuove  o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuovi  o maggiori oneri di parte corrente attraverso l’utilizzo  dei  proventi derivanti da entrate in conto capitale”
In sintesi e traducendo, i soldi che eccedono dallo stanziamento devono essere trovati in qualche modo, utilizzando accantonamenti di fondi speciali, riducendo altre autorizzazioni di spesa, modificando leggi al fine di avere nuove entrate (che coprano, appunto la spesa maggiorata).
Perché calare le braghe e ammettere che le somme previste per il 5 per mille sono un limite di spesa, quando non devono esserlo?
Inoltre, sempre per parlare di tetto, una questione non di secondo piano: i 450 milioni tanto sbandierati sono, nell’emendamento pubblicato sul sito del Senato, solo 130. Lupi e il Sussidiario che danno per certi il malloppo intero, sanno dove sono finiti gli altri 320? O dobbiamo comunque dire “grazie, onorevole Lupi” se ci arriva solo il 25% del 5 per mille?
Di seguito il testo dell’emendamento
Carlo Mazzini

2.0.3

LATRONICOZANETTA

Dopo l’articolo 2, aggiungere il seguente:

«Art. 2-bis.

(Destinazione di una quota pari al 5 per mille dell’lRPEF)

1. Fermo restando quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle imposte sostitutive previste dall’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall’articolo 1, comma 105, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF, calcolata al netto del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero e degli altri crediti d’imposta spettanti, e delle suddette imposte sostitutive è destinata, in base alla scelta del contribuente, alle seguenti finalità:

a) sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, delle associazioni riconosciute e delle fondazioni che operano nei settori di cui al citato articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 460 del 1997, e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano ai fini sportivi ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186;

b) finanziamento degli enti di ricerca scientifica e delle università;

c) finanziamento della ricerca sanitaria.

2. Restano ferme le disposizioni in materia di destinazione dell’8 per mille dell’IRPEF, di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222.

3. Le somme corrispondenti alla quota di cui al comma 1 sono determinate, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti, in relazione agli incassi in conto competenza relativi all’IRPEF e alle imposte sostitutive individuate ai sensi del medesimo comma 1, risultanti dal rendiconto generale dello Stato.

4. Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità del riparto delle somme di cui al comma 3.

5. Al relativo onere, valutato in 130 milioni di euro annui a decorrere dal 2012, si provvede mediante le corrispondenti maggiori entrate derivanti dall’aumento, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, delle aliquote di cui all’allegato 1 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all’alcol etilico».

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