Durante il weekend sono stati presentati alla commissione del Bilancio del Senato gli emendamenti al ddl di stabilità 2014 (già “finanziaria”), e anche quest’anno andiamo ad analizzare sommariamente gli emendamenti che ci interessano, in particolare quelli sul 5 per mille. Li scaricate da qui , come estratto da file ben più corposi.
Sono stati presentati 15 emendamenti sul 5 per mille e si dividono
a. tra quelli che aumentano la dotazione (il tetto) da 400 a 500
b. e quelli che “anticipano” l’ipotesi di un 5 per mille stabile.
Tra quelli del gruppo a) ne troviamo uno che spiritosamente aumenta solo di 40 milioni la dotazione, e ne ignoriamo la ragione di questa “levatio interrupta”. Altri, seduti per caso in quelle aule, non formulano alcuna previsione di copertura, non è bello parlar di soldi, siam signori. Da signori, s’ignorano, ignorano se stessi, il proprio ruolo e non sanno – o fanno finta di non sapere – che una proposta di aumento dei costi senza copertura equivale a scrivere il seguente epitaffio sopra gli emendamenti “non ammissibile”.
Tra quelli del gruppo b) troviamo un testo articolato – posso dire “finalmente”! – che tra le altre cose richiama al rispetto di alcuni principi della 241 del ’90 (tipo non chiedere infinite volte documenti già in possesso della PA) e la certezza delle date di versamento.
Anche qui abbondano gli spiritosi che ritengono che una misura di spesa non debba essere finanziata (!), ma c’è invece chi seriamente va alla ricerca dei soldi tra aumento delle imposte alle slot-machine, aumento delle ritenute su interessi, premi e redditi diversi, e chi su riduzione della spesa pubblica sui consumi intermedi ecc.
L’impressione è che sia stata fatto un buon lavoro di sensibilizzazione da parte del non profit mettendo a disposizione un testo che almeno va oltre le fotocopie degli anni scorsi o le proposte Bobba & ABS (Anime Belle della Sussidiarietà).
Segnalo che alcuni del Movimento 5 Stelle attaccano a testa bassa l’8 per mille (quello globale, Chiesa inclusa) e fanno saltare il meccanismo attuale che prevede che anche chi non firma destini – a sua insaputa – in quota percentuale il suo 8‰ a Stato, Chiesa Cattolica, Luterani, Valdesi ecc.
Possiamo dire che sia una scelta che – se condivisibile nei fini – forse dovrebbe essere meglio inserita in un contesto? Non vorrei mai che chi va in giro nei palazzi vaticani e i baciapile di complemento legassero questa ipotesi (che sottrarrebbe alla Chiesa italiana la bellezza di circa 700 milioni di euro all’anno) a quelle organizzazioni che anche pubblicamente – vedi inserzione sul Corriere di qualche settimana fa – hanno spinto per avere un 5 per mille stabile e un’eliminazione di un tetto troppo basso che in due anni ha causato 170 milioni di euro di minori attività, minori servizi sociali, minore ricerca scientifica, minori cure.
Quando si parla di eterogenesi dei fini.
O di pirlaggine.
Carlo Mazzini
2 commenti
gentile Dott. Mazzini, scrivo sotto a questo commento anche se non pertinente:
Mi sono crollate tutte le mie certezze a leggere su VITA :
Un’associazione non riconosciuta avente la qualifica di onlus può subentrare nella gestione di un’albergo ristorante? Quindi in forma più sintetica e brutale: può una onlus fare business? La risposta, affermativa, è arrivata qualche giorno fa dal ministero dello Sviluppo Economico dopo una consulenza giuridica richiesta all’Agenzia delle Entrate lo scorso novembre. E lo ha fatto con la risoluzione 15452 i cui passaggi più significativi meritano di essere ripresi.
Scrive la Direzione Generale per il mercato del Mise: «Siamo dell’avviso che tutte le associazioni, sia riconosciute che non riconosciute, anche se avente la qualifica di onlus, possono svolgere attività commerciali finalizzate alla vendita o attività che si concretizza nella prestazione di servizi». Il ministero ha poi precisato anche che «le entrate di tipo commerciale non dovrebbero essere prevalenti sul complesso delle entrate di una determinata annualità, per la perdita della qualifica di ente non commerciale». In altri termini: una onlus (ong, cooperativa sociale, odv…) può svolgere attività commerciale a patto che questa sia ancellare rispetto alla mission dell’ente che deve rimanere sociale e non lucrativa.
Leggo la risoluzione e capisco tutt’altro! il suo parere , per cortesia……Grazie !!!
Ecco qui la risposta
http://www.quinonprofit.it/?p=4430