Parola di Corte dei Conti: dal 5 per mille hanno rubato 198 milioni al non profit

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ccntIl 24 dicembre è stata pubblicata sul sito della Corte dei Conti la relazione che i giudici contabili hanno esteso sul 5 per mille, per valutare come viene gestito dalla pubblica amministrazione.

Lascerei la parola al comunicato stampa della Corte che riporto qui per intero (i grassetti sono miei).

La mancata stabilizzazione dell’istituto del 5 per mille attraverso una legge organica – in grado di garantire la certezza delle risorse nel corso di un arco temporale ragionevole e la definizione di tempi certi per l’erogazione dei fondi – ha prodotto inefficienze ed inutili appesantimenti burocratici.

Il quadro normativo dell’istituto risulta confuso e inadeguato. Le attività di coordinamento, controllo e garanzia delle amministrazioni interessate appaiono insufficienti.

Il tetto di spesa annuo è in contrasto con le determinazioni dei contribuenti, riducendo, di fatto, la percentuale del contributo.
I ritardi nelle erogazioni – dovuti alla pluralità di amministrazioni coinvolte, con scarso coordinamento tra loro, e a disfunzioni interne a ciascuna di esse – sono causa dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari.
Il ricorso alle convenzioni – peraltro, non ancora stipulate per gli anni successivi al 2010 – fra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Agenzia delle entrate appare un modello organizzativo dispendioso, motivo di conflittualità e di allungamento dei tempi.
L’analisi delle rendicontazioni procede lentamente ed in maniera assai laboriosa, anche a causa dello scarso raccordo e dell’assenza di flussi informativi essenziali per il suo svolgimento tra i Ministeri e l’Agenzia delle entrate.
L’’attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti.
Per il finanziamento delle attività sociali svolte dai Comuni di residenza, la differente capacità fiscale dei contribuenti sul territorio nazionale fa sì che i Comuni più ricchi possano beneficiare, in proporzione, di maggiori introiti, senza alcun meccanismo di perequazione o coordinamento.
Per gli enti di sostegno alle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, non è prevista la scelta da parte dei contribuenti. Ciò suscita perplessità, in quanto la mancata opzione è in contrasto con la ratio dell’istituto, venendo attribuita all’amministrazione la determinazione dei destinatari. Inoltre, l’esclusione degli enti di diritto pubblico appare arbitraria ed irrazionale, in quanto la scelta dei contribuenti si riferisce all’attività in sé di tutela, promozione e valorizzazione.
Deve essere migliorata la trasparenza dei dati inseriti sulla rete web. Infatti, spesso, non sono identificabili i beneficiari, a causa dell’assoluta genericità nell’indicazione di essi. Inoltre, non vengono pubblicati i dati aggregati dei contributi ottenuti dagli enti presenti in più elenchi.
La percentuale degli optanti fra coloro che non presentano la dichiarazione dei redditi è minima e, pertanto, risulta disincentivata la contribuzione al 5 per mille di un rilevante numero di persone, generalmente quelle a più basso reddito.
Nessuna scelta è possibile per i milioni di cittadini che non pagano l’Irpef e che, pertanto, sono esclusi da tale forma di partecipazione.
Sussiste un conflitto di interesse di numerosi enti che, anche indirettamente, gestiscono i Centri di assistenza fiscale e sono potenziali beneficiari del 5 per mille. 
Questa sintesi rispecchia a mio avviso le critiche che in questi anni il non profit ha rivolto non allo strumento ma a come viene male amministrato e gestito dalla pubblica amministrazione. Vita, peraltro, ne aveva anticipato alcuni contenuti il 5 dicembre scorso.
In merito ai soldi che mancano, la Corte ha appurato (pag 39 del pdf che allego in fondo) che essi ammontano a ben 198 milioni di euro, sommatoria delle ruberie perpetrate da una politica insipiente e da una burocrazia ottusa nelle ultime tre edizioni distribuite (2009 – 10 – 11).
importi attribuiti importi liquidabili differenza
2006 345.292.477,70 345.292.477,70 0,00
2007 371.669.635,34 371.669.635,34 0,00
2008 415.615.826,63 415.615.826,63 0,00
2009 444.903.666,84 420.000.000,00 24.903.666,84
2010 463.081.619,73 383.000.000,00 80.081.619,73
2011 487.850.599,97 395.012.422,00 92.838.177,97
 TOT 2.528.413.826,21 2.330.590.361,67 197.823.464,54
Qui trovate il comunicato stampa, e da qui potete scaricare la relazione (.pdf – 1,7 Mb).
Vi segnalo che in questo caso, le cd rappresentanze del non profit hanno fatto sentire efficacemente la “voce del non profit”, tanto è vero che è stato citato 18 volte il documento che unitariamente avevano prodotto su richiesta diretta del magistrato della Corte.
Gli enti coinvolti sono stati: Assif– Associazione italiana fundraiser; Convol–Conferenza permanente delle associazioni, federazioni e reti di volontariato; Csvnet–Coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato; Forum nazionale del terzo settore; IID-Istituto italiano della donazione.
Carlo Mazzini
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