Il 30 di giugno uscirà da Palazzo Chigi il disegno di legge delega (ddld) sulla riforma del Terzo settore.
Prima di capire se esso risponderà alle nostre aspettative, può essere utile comprendere quale sarà l’iter che seguirà da quel momento il ddld.
In questo post, cerco di spiegarvelo.
PRIMA
C’è un “prima”, che è bene ripercorrere.
Al Festival del Volontariato (organizzato dal Centro Nazionale del Volontariato) lo scorso aprile il premier Renzi ha annunciato che da lì ad un mese avrebbe fatto partire una consultazione pubblica per scrivere appunto una riforma del Terzo Settore.
A metà maggio sono state pubblicate le Linee Guida per una Riforma del Terzo Settore, sottoposte al pubblico commento di tutti gli interessati. Entro il 13 giugno le organizzazioni hanno inviato le loro osservazioni sul testo che – possiamo dirlo con una certa tranquillità – era ed è un’accozzaglia di argomenti, inseriti a mio avviso senza una logica lineare.
Onore al merito del Governo che comunque ha posto alcune – forse troppe – questioni sul tavolo.
Vita, forte del rapporto fin troppo embedded con il Primo Ministro, ha organizzato due momenti di riflessione e di confronto aperto alle organizzazioni del Comitato Editoriale, producendo un dimenticabile documento finale che, rispecchiando la confusione delle Linee Guida, ha messo insieme opinioni, tendenze, previsioni.
In questi giorni, i tecnici di alcuni ministeri stanno scrivendo il ddld; sarebbe interessante sapere chi è che sta scrivendo il testo, perché dare un nome e un cognome a chi scrive di cose tecniche che ci toccano da vicino serve a dare le responsabilità (politiche e tecniche) alle persone.
DOPO, cioè, l’ITER PARLAMENTARE
Arriviamo quindi al “dopo”.
Il 30 giugno il Consiglio dei Ministri vota il ddld e al ddld viene allegata una Relazione Tecnica che spesso di tecnico ha poco o nulla. Dopo qualche giorno approda ad uno dei due rami del parlamento.
Viene assegnato ad una Commissione referente; è verosimile che in realtà verrà assegnato ad una Commissione congiunta di due Commissioni (azzardo: una di natura economica e una sui temi sociali).
Il Servizio Studi della Camera o del Sentao pubblica una serie di dossier, questi sì tecnici, molto interessanti in quanto toccano una serie di elementi (l’incidenza sulla legislazione attuale, sulle previsioni di bilancio, ecc), dossier che dovrebbero aiutare i parlamentari a comprendere il senso e le conseguenze del testo.
Altre commissioni – in parallelo – si interessano del testo, a seconda dell’argomento, non in via referente ma consultiva. Le Commissioni consultive esprimono pareri che possono essere di una certa utilità ai componenti della Commissione referente, sempre che li leggano.
Una volta che la C. Referente inizia a capire qualcosa del testo, i componenti esprimono un primo giudizio di massima, si apre un dibattito cui partecipano anche membri del Governo e al quale vengono sovente chiamati anche le parti sociali o soggetti che possono essere interessate dalla legislazione; chiusa la parte di consultazione, inizia il balletto degli emendamenti.
Se il non profit – rappresentanze o sedicenti tali – vuole intervenire per proporre correzioni ed integrazioni, è qui che deve attivare conoscenze, lobby ecc.
Non entro nelle modalità di elaborazione e votazione degli emendamenti, davvero troppo complicata per noi umani. Comunque ad un certo punto la Commissione vota emendamento per emendamento e alla fine dovrebbe uscirne un documento leggibile e coerente, e spesso per far ciò viene dato al Presidente e ad alcuni componenti della Commissione il compito di coordinare il testo.
Questo esce dalla Commissione ed entra in Aula. I gruppi parlamentari dicono la loro, ci sono ordini del giorno, e technicalities varie, ovviamente sia il Governo che il Relatore della Commissione dicono la loro, e via di nuovo col balletto degli emendamenti con relative votazioni. Anche qui si può far pressione affinché arrivino correzioni da parte del non profit al testo uscito dalla Commissione.
Il testo viene quindi votato articolo per articolo ed esce dal primo ramo del Parlamento.
Stesso iter nell’altro ramo del Parlamento. Se nel secondo ramo interviene una modifica – in assemblea – il testo viene rimandato al primo ramo, e così via.
Alla fine, il ddld diventa legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Questa è la legge delega.
Ma una legge delega non va ad incidere direttamente sul tema della legge, bensì va a dare una delega al Governo (art 76 Costituzione) a normare sulla base di principi (entro un lasso di tempo) e di criteri direttivi chiari.
Facciamo finta che a novembre 2014 il ddld diventi legge.
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, il Governo ha tempo – normalmente un anno – per emanare uno o più decreti legislativi sui temi della delega.
Quando il Governo ha scritto un decreto legislativo, lo trasmette al Presidente della Repubblica per la promulgazione.
Di norma, anche se sarebbe obbligato solo per le deleghe superiori ai due anni (art 14, L 400/88), il Governo trasmette il testo del decreto in via preventiva – per chiedere in sostanza un parere obbligatorio ma non vincolante – alle Commissioni congiunte (Camera e Senato), che valutano se ci sia stato un superamento della delega, anche se spesso le valutazioni delle Commissioni toccano anche aspetti più politici. Le Commissioni esprimono il parere ed entro 30 giorni il Governo ritrasmette il testo eventualmente con integrazioni e pareri. Le Commissioni esprimono il parere definitivo entro 30 giorni.
Finalmente il Governo può andare – accogliendo o meno il parere delle Commissioni – dal Presidente della Repubblica che promulga il Decreto Legislativo.
Che tempi abbiamo fatto?
Dipende da un sacco di cose. Dalla situazione politica, dalle beghe economiche, dall’interesse tenuto alto oppure no dai media o dai parlamentari “vicini” al non profit. Da una serie di elementi, quindi, assolutamente non alla portata di singoli, ma da “tutto un complesso di cose”, come intona Conte (il cantante, in Bartali).
Potremmo quindi sperare subito prima o subito dopo l’estate 2015 di avere uno o più decreti legislativi, finalmente operativi.
Che ci cambieranno la vita.
In meglio?
C’è solo da sperarlo!
Carlo Mazzini
3 commenti
Gentile Carlo,
quante osservazioni sono arrivate al testo linee guida terzo settore? Sono pubblicate? Chi legge?
le leggono davvero? Grazie
quante osservazioni sono arrivate al testo linee guida terzo settore?
> non lo so, magari lo dicono quando pubblicheranno il ddld
Sono pubblicate?
> idem come prima
Chi legge?
> Ah, saperlo
le leggono davvero?
> Alcune sì, quelle degli enti più “vicini” a chi le legge
cm
Come era prevedibile! Gli amici degli amici ! Ma! Vedremo il risultato, ma non ci resta che arrabbiarci?grazie per il prezioso lavoro