Il Vice Ministro Pistelli scrive a Quinonprofit. E noi rispondiamo

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Il Vice Ministro Lapo Pistelli ha avuto la cortesia di scrivere direttamente su questo sito nella parte dei commenti, a margine di un articolo dedicato alle sue precedenti considerazioni su altro articolo: il tema è la riforma ONG, tanto trionfalmente portata sul palmo della mano come segno che i tempi stanno cambiando (in meglio), ma da parte di chi scrive tanto temuta per gli errori che a nostro avviso reca in seno. (leggi qui le prime considerazioni)

Ecco il testo del commento del Vice Ministro che potete trovare anche qui.

Gentili Mazzini e Concari,

ho visto che un mio commento su fb – assolutamente informale, scritto dal telefonino in macchina e perciò pure contenente un peccato assolutamente veniale, 5% invece di 8% – ha meritato una replica piuttosto puntuale sul vostro sito/blog.

Desidero allora, poiché anche io sono affezionato alle mie idee, tornare più puntualmente su quanto da voi scritto per chiarire ulteriormente il mio pensiero. Non entro nella disputa sulla rappresentatività dei cartelli delle ong poiché mi bastano quelle che i partiti politici ingaggiano quotidianamente fra loro.

Quanto al resto.
Non tocca a me convincervi del buon operato del Governo e del suo Presidente del Consiglio. Conoscendolo abbastanza bene, anche personalmente, non dubito però che il provvedimento di riordino del terzo settore nasca casomai per allargare, non per restringere, per incoraggiare, non per punire, questo importante segmento della nostra società. Ne fa fede, pur trattandosi di una delega ancora non definita nei dettagli, la circostanza che il provvedimento è di natura onerosa, che dunque serviranno risorse fresche per aumentare i benefici ai destinatari attuali e/o aumentare il numero dei destinatari dei medesimi benefici. Almeno fino a prova contraria, sarà pure lecito dubitare ma è anche lecito scommettere altrimenti sulla buona fede e sulla buona intenzione.

E’ assolutamente vero che la legge 49 ha stabilito un’identità fra Ong attive nella cooperazione e Onlus. La qual cosa, alla luce di quanto detto sopra, non garantisce per definizione il mantenimento dei benefici fiscali attuali, se i prossimi provvedimenti sul terzo settore agissero, non appunto sul primo termine (ong) ma sul secondo (onlus).

Per questa ragione, non vedo perché rechi scandalo lavorare, in sé, sui due termini di questa identità, figlia per altro di interventi normativi prodotti in tempi e stagioni diverse. Renzi e i ministri competenti lavoreranno sui benefici delle onlus. Noi intanto ci occupiamo delle ong di cooperazione.

Sul piano della cosiddetta idoneità delle Ong, da anni vi è un dibattito che riassumerei così: l’idoneità è un “certificato” ottenuto una volta e per sempre a fronte di certi requisiti e verificato a cadenze temporali ? in un sistema che evolve verso bandi e call for proposal, è pensabile un sistema diverso in cui si dimostra un’idoneità specifica per alcuni progetti e alcune competenze e non necessariamente una idoneità di natura generalista ? è ragionevole una proprietà “transitiva” della idoneità per ong che già lavorano per altre istituzioni europee e internazionali, che possa essere fatta valere per l’ottenimento della idoneità nazionale ? Le ipotesi di dibattito sommariamente menzionate non sono oggetto di disputa “religiosa” e infatti in questi anni ho raccolto opinioni e sensibilità molto diverse. A me interessa solamente che il sistema funzioni, sia capace di riconoscere competenze e talenti, lo faccia senza soffocare le ong di burocrazie e formalismi. Abbiamo perciò deciso di rinviare al lavoro dell’Agenzia, del Comitato Congiunto la scelta sul modello migliore per il futuro, senza arrestare il dibattito in corso sulla legge, senza sciogliere un problema di gestione quotidiana a livello di norma primaria.

Dato che spesso le leggi sono incomprensibili perché si sovrappongono e non abrogano, creano labirinti e non linee rette, abbiamo deciso un termine abbastanza impegnativo per preparare una decina di diversi atti regolamentari di secondo livello, per implementare cioè la nuova legge, scaduto il quale la vecchia Legge 49 cadrà del tutto. Mi pare un gesto di chiarezza, di leggibilità e di buon senso del legislatore.

Alla luce di queste considerazioni, confermo che possiamo alla Camera lasciare il testo come è, creare ope legis un semplice trasferimento di tutte le ong di cooperazione attuali nel più vasto mondo delle onlus, dare più tempo in un’altra ipotesi per adeguarsi allo status eventualmente non più automatico di onlus. Ma, per favore, non mettiamo in dubbio l’intenzione e non evochiamo pasticci che non ci sono. Da un lato vi sarà la discussione sulla nozione della “idoneità”, coin suoi tempi e i suoi modi; dall’altra la volontà del governo di rivedere (immagino di “allargare”) i benefici delle onlus. Non vi saranno fratture fra i due momenti anche se intestati a Ministeri diversi.

Quanto al 25% dell’8%, non rispondo di scelte effettuate negli anni passati sulla destinazione delle risorse e dunque l’ironia sul 25% di 0 uguale a 0 mi fanno sorridere ma non evocano una responsabilità di questo esecutivo. Ribadisco invece, grazie a un emendamento recepito al Senato, che è giusto che sia la legge di riforma della cooperazione il luogo adatto per sancire che quella quota vincolata è una delle fonti di finanziamento del nostro lavoro.

Spero davvero che queste righe aiutino a fare capire motivazioni e intenzioni. Se ci sono suggerimenti puntuali, sono ovviamente pronto ad ascoltare e leggere, come del resto – le ong lo sanno bene – ho fatto in tuti questi anni, all’opposizione e in maggioranza quando ero in Parlamento, oggi al governo.

Con amicizia
Lapo Pistelli

E qui trovate la risposta univoca Mazzini – Concari

Gentile Vice Ministro Pistelli

La ringraziamo per essere intervenuto sul sito Quinonprofit per chiarire la sua posizione in merito all’iter parlamentare della legge di riforma sulla cooperazione internazionale.
La nostra replica al suo precedente intervento (quello sul suo profilo Facebook) è stata “puntuale” perché reputiamo che le questioni in gioco siano diverse e tutte importanti.
In definitiva, lei ritiene una buona idea rimandare ad un successivo provvedimento la decisione – che lei dà per certa – che le ONG devono restare Onlus.
Riteniamo, diversamente da lei, che questa non sia classificabile tra “le buone idee”.
Come lei sa, i governi passano mentre le leggi restano; se il successivo ministro o chi per lui non avrà la sua stessa illuminata visione e approfondita conoscenza del problema, si resta con il cerino in mano. E non è un cerino da poco. Qui si parla di mettere in sospeso (mantenere in via provvisoria) una qualifica fiscale che consente alle Ong di avere il 5 per mille, le diverse ipotesi di deducibilità per i donatori, il regime IVA.
Una legge, scritta bene, dovrebbe passare attraverso alcune simulazioni per verificare cosa succede nei differenti casi.
A noi è parso che questo passaggio non sia stato adeguatamente ponderato perché, oltre all’identità Ong-Onlus ci sono altre cose, non meno importanti, che sono “sfuggite” e che il testo licenziato al Senato non riporta.
Ci riferiamo agli ulteriori due punti fondamentali:
1. la non imponibilità dell’IVA è un problema che investe le Ong che non possono rifornirsi sui mercati dei paesi ospiti (per ragioni che non stiamo qui ad approfondire) e che perciò devono acquistare i beni su mercati europei o domestici o addirittura extraeuropei e che, per ragioni logistiche, devono far transitare i beni dall’Italia. Con il nuovo assetto non vi è più la norma che ora permette un risparmio di costi del 22%. Questo comporterà alle Ong il dover spostare la logistica in altri paesi oppure architettare operazioni in odore di elusione per contenere i costi.
2. questione dei compensi ai cooperanti: il ddl non prevede alcun coordinamento con la legislazione attuale (Testo Unico delle imposte sui redditi, art. 54, comma 8-bis).
Queste cose le ribadiamo anche in questa sede, e a titolo strettamente personale, anche a costo di sembrare stucchevoli o pedanti, perché, al di là delle questioni di programmazione, di revisione del settore, sembra che non le si vogliano prendere in considerazione.
Se avete necessità di rivedere gli elenchi delle Ong e di separare il grano dal loglio (espressione abusata e questa sì un po’ stucchevole), basterebbe, a parere di chi scrive, stabilire una procedura interna del Mae per effettuare queste operazioni. Del resto lo avete già fatto non molto tempo fa cancellando prontamente dagli elenchi alcune Ong che hanno avuto problemi con la giustizia.
Pertanto, abbiamo ragione di credere che di simulazioni di scenari con il nuovo assetto legislativo non ne siano state effettuate. Almeno non a sufficienza.
E ne temiamo le conseguenze.
Potremmo anche fidarci delle buone intenzioni sue e di questo Governo, ma è forse perché siamo abituati a vedere le cose in modo sospettoso (atteggiamento suggerito dalla statistica e dalla storia della tecnica legislativa italiana) che non riusciamo a farlo. Probabilmente siamo ontologicamente sospettosi.
La sua risposta in merito alla destinazione del 25% dell’8 per mille a favore della cooperazione ci ha sorpreso perché, come lei ben sa, la legge che istituisce l’8 per mille prevede, tramite DPR 76/98 modificato da DPR 82/2013, che la quota destinata allo Stato sia suddivisa in parti uguali tra
•conservazione beni culturali
•calamità naturali
•fame nel mondo
•assistenza ai rifugiati
Come vede si tratta già di un 25% ante riforma.
Negli ultimi anni il fondo (solo quello dell’8 per mille statale, per carità, nessuno tocchi le Chiese!) è stato depauperato prima di essere assegnato ai vari interventi e per questo affermare che il 25% di zero è pari a zero non è una battuta, ma una amara verità.
In conclusione, gentile Vice Ministro, non ci sentiamo di suggerire alle Ong di barattare il certo per l’incerto, visti anche i chiari di luna attuali e le auspicate riforme di settore che ad oggi sono scritte sulla sabbia.
Per dirla alla Blade Runner (scena finale), temiamo che “tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”.
La ringraziamo nuovamente per l’interlocuzione, e con forza, per le ragioni sopra esposte, le riproponiamo di tornare sui suoi passi perché non vorremmo un domani leggere un hashtag del tipo #ONGstaiserena; pare porti male.Con viva cordialità
Carlo Mazzini e Gianpaolo Concari

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