La vera Riforma del terzo settore: cosa i politici possono fare subito

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Non so se gli sparuti lettori di questo blog abbiano subodorato una mia qualche venatura polemica nel trattare la materia della Riforma del Terzo Settore. Diciamo che la percezione di questi amici è corretta. Attenzione: la mia contrarietà non è alla riforma in sé. La mia contrarietà è nel senso di impotenza. L’unico prodotto di una Riforma non ancora partita è un vociare vuoto e ripetitivo dei politici, i quali si riempiono la bocca di qualcosa che non hanno mai masticato. E noi stiamo qui a guardare, senza poter far nulla. Cavolo! Non possiamo neppure sfiduciarli o eleggerne qualcun altro. Questi hanno persino trovato il modo di non farsi neppure eleggere!

Bisogna uscire da questo senso di impotenza e inquadrare meglio la situazione.

Non parlo qui di come incidere nella legislazione del non profit rifondando le basi giuridiche e fiscali del sistema. Per quello c’è la Riforma che tutti aspettiamo con ansia e anche con un leggero senso di angoscia.

Voglio invece dare il mio contributo e dire cosa i politici, quelli che votano in Parlamento, quelli che una volta chiamavamo “i nostri rappresentanti” (adesso non lo possiamo più fare) possono fare ORA per migliorare FIN DA SUBITO la condizione del non profit italiano.

Ecco le azioni:

1. NON FARE NULLA: lo so che la prendete come una boutade, l’ennesima presa per i fondelli. Ma sbagliate, cari lettori. E’ un invito serio a non toccare le leggi se il legislatore ne ignora il contenuto e le conseguenze delle modifiche. Il caso della Croce Rossa e delle sezioni locali che diventano persone giuridiche, APS e ONLUS tutt’assieme è un caro caso di priapismo legislativo. Si sono detti: chi la conta più grossa? E così hanno ingabbiato queste organizzazioni in una matrice di obblighi, peculiarità, divieti (è il complesso portato delle diverse legislazioni di settore), tutti elementi sconosciuti ai legislatori. Dato che non ne sapevano una mazza, hanno legiferato di conseguenza. L’invito è: state fermi: non fate l’onda: non fatevi come al solito riconoscere.

2. FARE IL MENO POSSIBILE: quando proprio non è possibile fare il pesce in barile, muovetevi con circospezione, cari legislatori. Da questo invito seguono alcuni corollari.

2.1 NON FIDARSI DEI CONSULENTI DEL NON PROFIT NE’ DEI TECNICI DEL MINISTERO: dato che questo invito potrebbe sembrare un lievissimo autogol, cerco di spiegarmi meglio. I consulenti del non profit sanno un bel po’ di cose, è il loro lavoro, non c’è da stupirsene. Nonostante questo, essi seguono “alcune” organizzazioni, hanno approfondito “alcune” materie; non esistono gli onniscienti (so che qualche collega potrebbe dissentire, pensando umilmente a sé stesso). Quindi, se ne fate uso (di consulenti specializzati nel non profit) suggeriamo la modica quantità. Non solo. Cercate di capire da dove vengono. E’ difficile che un consulente di una corazzata cattolica vi possa dare suggerimenti neutrali e tecnicamente ineccepibili sull’IMU. Bisogna ascoltarlo, ma bisogna anche fargli le domande giuste per capire se sta portando avanti un’idea tecnica o un interesse della sua parte. In merito ai tecnici del Ministero, ce ne sono di bravissimi. Anche qui, chiedete loro quali sono le conseguenze delle modifiche che vi suggeriscono. Chiedetegli di fare degli esempi. Andate in fondo alla materia, fate delle simulazioni. E ricordatevi che mentre loro vi parlano pensano: “intanto io rimango qui mentre tu sarai fatto fuori dal prossimo Governo, quindi cerco di fare qualcosa che non mi comporti problemi nei prossimi anni”.

2.2 PREFERIRE LA RETTA ALL’ARABESCO: capisco che si tratti di una rivoluzione copernicana. Ma se provate a perseguire questo principio, vedrete che porterà i suoi frutti. Il ragionamento lineare, che non deve passare per “n” deviazioni e curve a gomito ma arriva subito al sodo, al risultato diretto, è preferibile allo slalom che fate ogni giorno per accontentare tutti i questuanti. Faccio un esempio, e spero che mi scusiate la banalità. C’è un settore che produce molto lavoro (in aumento persino nell’ultimo decennio), che ha incrementato il “fatturato”, che ha un sempre maggior consenso per i valori che esprime e per le realizzazioni concrete che dimostra di fare. E’ il Terzo settore, se non l’aveste capito. Per tutta una serie di ragioni, dato che le attività delle quali si occupa hanno molto a che fare con la “fede pubblica” è necessario che si istituisca un soggetto “alto e altro” che vigili sugli enti, coordini i controlli, interloquisca – senza dar di gomito – con il terzo settore e con i cittadini. Deve essere istituita un’Authority, non c’è altro ragionamento che tenga. I soldi? Ho già dimostrato che l’attuale modello di vigilanza parcellizzata sul territorio (qualche buontempone lo chiama federalismo) costa molto di più. Quindi, una autorità costerebbe molto di meno, garantirebbe sia lo Stato sia i cittadini. Vedete? Da A (bisogno) a B (soluzione). Quello che si stanno pensando nel ddl di Riforma è invece un ufficio rintanato nel sottoscala di Palazzo Chigi che dipenderà dalle volontà politiche / partitiche dell’ospite di turno (di Palazzo Chigi). Quello è l’arabesco.

2.3 MANTENERE LA DISTANZA DALLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT: voi siete i legislatori, le organizzazioni non profit sono organizzazioni non profit (quanto mi piaccio quando faccio il tautologico, perché so di non sbagliare!!!). E’ buona prassi – e non solo per buona educazione – tenere le distanze e marcare le differenze di ruolo tra chi deve decidere per tutti (anche oltre il non profit, ad esempio per il welfare) e chi – come le organizzazioni – agisce direttamente sul tessuto della società. Il primo è quasi un arbitro, non deve prender alcuna parte; ha affinità con certi enti, come è giusto che sia. Ma proprio perché deve fare il bene di tutti – e non solo di coloro che sono rappresentati da quegli enti – deve mantenere persino una distanza maggiore, per prudenza, per non farsi coinvolgere dalle frequentazioni passate. Non è vero che ci debba essere un idem sentire tra i singoli enti non profit e i politici che prendono decisioni per tutto il sistema. Gli enti suggeriscono quello che a loro avviso, secondo la loro storia e la loro visione del futuro è la via per migliorare – innanzitutto – il proprio ambito e, ritengono, tutto il non profit. I politici devono fare la “tara” sui suggerimenti interessati degli enti (interessati a fin di bene) e capire – inserendo molte altre variabili – quale è il bene della comunità intera.

2.4 PARLARE IL MENO POSSIBILE: nessuna censura cari legislatori, ma, per carità, dato che il più delle volte incorrete in strafalcioni tecnici, confusioni di termini, diffondete modi di dire che alla seconda ripetizione danno già alla nausea (il prossimo che sento dire che il Terzo settore in realtà è il Primo gli mando l’opera omnia di Anna Tatangelo), riducete il numero di uscite, dichiarazioni. Se non ce la fate, almeno mantenete uno standing più basso.

In fondo, vi paghiamo per fare leggi, non per raccontarci quanto saranno belle le leggi che, se nessuno vi ostacola, riuscirete a fare.

Carlo Mazzini

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