A pochi giorni dalla scadenza (16.10) del primo versamento della Tasi, sono ancora molte le domande che ci poniamo in merito a questa e alle altre imposte e tasse coeredi dell’ICI.
Due professionisti cercano di dare una risposta – interlocutoria per necessità ed amor di verità – al grande quesito:
Se l’inquilino è un ente non profit è tenuto al pagamento della TASI?
Rispondono Massimo Piscetta e Francesca Pasi di Progetto Non Profit
Come noto da quest’anno alle imposte da corrispondere ai Comuni entro il 16 ottobre 2014 si è aggiunta la TASI (tassa sui servizi indivisibili) alle già note IMU e TARI (la tassa sui rifiuti conosciuta per un po’ con il nome di TARES e prima ancora TARSU).
IMU, TARI e TASI compongono la nuova IUC ossia l’imposta unica comunale.
All’approssimarsi della scadenza, in internet e sui quotidiani, si inseguono guide e vademecum che aiutano il contribuente (ma anche gli addetti ai lavori) a districarsi tra norme, circolari e regolamenti comunali per capire innanzitutto chi deve pagare, quanto e come. Ciò nonostante non mancano i punti oscuri che conviene affrontare privilegiando la cautela sebbene, non sempre, si riveli la strada più conveniente per il contribuente.
Proviamo di seguito a soffermarci su una specifica fattispecie relativa all’adempimento TASI.
Il caso, forse minimo in termini di impatto economico e finanziario rispetto ad altri, ma piuttosto diffuso in termini pratici, è quello dell’ente non profit che conduce un immobile in forza di un contratto non gratuito (quale, ad esempio, quello di locazione). In questo caso, l’ente inquilino è tenuto al pagamento della TASI?
Preliminarmente ricordiamo che a differenza dell’IMU, sono tenuti al pagamento della TASI, in linea generale, non solo i proprietari di immobili (o titolari di altri diritti reali) ma anche coloro che dispongono del bene come ad esempio l’inquilino.
Per rispondere al quesito che ci siamo posti è necessario prima esaminare alcuni passaggi della disciplina IMU – limitatamente agli enti non profit – sulla base del presupposto che la base imponibile della TASI (ai sensi del comma 675 dell’art. 1 della L. n. 147/2013) “è quella prevista per l’applicazione dell’imposta municipale propria (IMU) di cui all’art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214”, e che l’art. 1 comma 3 D.L. 6 marzo 2014 n. 16 (così modificato dalla Legge di conversione n. 68/2014) richiama espressamente l’esenzione di cui all’articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), ed i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
Ai sensi della citata norma sono esenti dall’IMU gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose.
Cosa succede se il proprietario dell’immobile, ente non commerciale, non svolge direttamente le suddette attività ma consente che le stesse siano svolte da un altro ente non commerciale detentore dell’immobile?
La Risoluzione n. 4/DF del 4 marzo 2013 (del Ministero dell’economia e finanze) risponde al quesito ammettendo l’esenzione dall’IMU in capo al proprietario del bene ente non commerciale (unico soggetto d’imposta con riferimento all’IMU) nella sola ipotesi in cui il medesimo conceda il bene in comodato (quindi a titolo gratuito) ad altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui all’art. 7 richiamato.
Di contro, nel percorso argomentativo contenuto nella risoluzione, il Ministero, richiamando i principi espressi dalla Corte Costituzionale nelle pronunce n. 428 del 19 dicembre 2006 e n. 19 del 26 gennaio 2007, precisa che l’esenzione IMU non possa sussistere nell’ipotesi in cui il bene sia dato in locazione ancorché il conduttore lo destini allo svolgimento delle attività meritevoli di cui all’art. 7. In tal caso, infatti, “la percezione di un canone da parte del proprietario (…)costituisce un’inequivoca manifestazione di ricchezza e di capacità economica che giustifica un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica.”
In sintesi applicando le istruzioni ministeriali sopra riportate l’ente non commerciale proprietario dell’immobile:
- in caso di comodato, se sussistono tutte le condizioni di cui all’art. 7 richiamato, ha diritto all’esenzione sia con riferimento all’IMU sia con riferimento alla TASI;
- in caso di locazione, a prescindere dalla natura giuridica e fiscale dell’inquilino e dalla tipologia di attività svolte nell’immobile, non ha diritto all’esenzione né dall’IMU né dalla TASI;
A questo punto, tornando al quesito iniziale, cerchiamo di capire se l’ente non commerciale inquilino che svolga nell’immobile locato, come modalità non commerciale, una delle attività di cui all’art. 7 richiamato ha diritto all’esenzione TASI.
Una prima risposta, quasi istintiva, è quello di ritenere dovuta la TASI in capo all’ente inquilino sulla base della risoluzione ministeriale sopra citata che prevede il pagamento dell’IMU in presenza di un contratto di locazione.
Tuttavia, questa equiparazione non tiene conto di una fondamentale differenze tra le due fattispecie: in un caso, quello esaminato dalla risoluzione, si parla del tributo che grava sul proprietario dell’immobile, nell’altro, quello prospettato nel quesito, si parla dell’inquilino.
A differenza dell’IMU, infatti, che grava solo sul soggetto titolare del bene (in forza di un diritto reale) la TASI – come detto sopra. ricade anche su colui che dispone del bene (ad esempio in forza di un contratto di locazione) generando in capo ai due soggetti due distinte obbligazioni tributarie tra loro autonome.
La TASI è un’imposta autonoma rispetto all’IMU. La sua legge istitutiva (l’art. 1 comma 639 Legge n. 147/2013), stabilisce: “E’ istituita l’imposta unica comunale (IUC). Essa si basa su due presupposti impositivi, uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore e l’altro collegato all’erogazione e alla fruizione di servizi comunale. La IUC si compone dell’imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, e di una componente riferita ai servizi, che si si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore”.
Inoltre, benché la base imponibile della TASI “è quella prevista per l’applicazione dell’imposta municipale propria (IMU)”, è espressamente regolato, dall’art. 1 comma 681 della Legge n. 147/2013, che: “Nel caso in cui l’unità immobiliare è occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare, quest’ultimo e l’occupante sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria. L’occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell’ammontare complessivo della TASI, calcolato applicando l’aliquota di cui ai commi 676 e 677. La restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare”.
I soggetti d’imposta e i presupposti impositivi sono cioè diversi per la TASI e per l’IMU e ognuno dei due soggetti, il proprietario e l’occupante, hanno autonomi obblighi impositivi.
Muovendo dal quadro normativo delineato, con riferimento alla TASI, si potrebbe ipotizzare, quindi, che il proprietario locatore del bene, che quindi trae dalla locazione un reddito, sia tenuto al pagamento dell’imposta mentre non lo sia il conduttore ente non commerciale dotato di tutti i requisiti “generali” di cui al DM n. 200/2012) che, svolga nel medesimo una delle attività di cui all’art. 7 comma 1 lettera i) del D.lgs 504/92 con modalità non commerciali.
Tuttavia, ricordandoci la cautela richiamata all’inizio di queste brevi note, considerata la complessità della normativa e della prassi e in assenza di specifiche prese di posizione da parte dell’Agenzia delle Entrate, all’esiguità, nella grande maggioranza dei casi, degli importi in gioco si è costretti, in via cautelativa, a consigliare agli enti di seguire la strada un po’ più onerosa, ma più sicura, dell’appiattimento sulla posizione di soggettività alla TASI dell’inquilino ente non profit.
Rimane certamente il malessere di constatare (ancora una volta) che gli effetti della mancanza di norme chiare e comprensibili ricadono sul contribuente e non sul soggetto responsabile di questa poca chiarezza.
Dott. Massimo Piscetta e Avv. Francesca Pasi di Progetto Non Profit