Corte dei Conti e 5 per mille: tra giuste considerazioni, assurdità e mancanze

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La Corte dei Conti è tornata un’altra volta a relazionare del 5 per mille, del suo (mal)funzionamento presso le amministrazioni competenti (i diversi ministeri). E’ infatti uscita il 25 novembre la relazione finale che reca le seguenti parti: 1. brevissima relazione della Corte; 2. cosa dicono le amministrazioni e le organizzazioni rappresentanti del non profit 3. allegato della precedente relazione (14/2013) del dicembre scorso che avevo già commentato.

Dato che il punto 3 è un documento già ultra esaminato, concentriamoci nelle poche pagine del documento che qui allego (delibera_14_2014_g).

Ma perché la Corte ritorna sul tema? Semplice, perché così dice la legge, la quale prevede che dopo la prima indagine, le amministrazioni coinvolte rispondano in merito alle asserite mancanze o distonie tra quella che dovrebbe essere una buona amministrazione pubblica delle risorse e la cruda realtà; non solo, dalle premesse si comprende che le amministrazioni, dopo questa relazione “comunichino alla Corte e al Parlamento, entro sei mesi dalla data di ricevimento della presente relazione, le misure consequenziali adottate …  comunicando, inoltre, alla Presidenza della Corte, entro trenta giorni dalla ricezione della presente relazione, un provvedimento motivato …ove ritengano di non ottemperare ai rilievi formulati”.

Spiegata la genesi e la ragione del documento, analizziamone alcune parti.

Nella prima parte i magistrati contabili ricapitolano in pochissimi punti (poco più di una pagina) le loro doglianze: le trovate tra pagina 13 e 14 del pdf.

Successivamente, le stesse doglianze vengono spiegate in modo più diffuso, dando modo alla Corte di introdurre le questioni e alle amministrazioni – alle quali era stata richiesta una reazione al contenuto del documento del dicembre 2013 – di argomentare le proprie opinioni sulle singole questioni.

1. Troppe organizzazioni iscritte. Comunque la pensiate (sono troppi gli enti che riescono ad iscriversi alle liste del 5 per mille?), si legge a firma della CdC “D’altronde, il notevole e costoso lavoro di controllo della rendicontazione risulta, almeno finora, poco proficuo: una più rigorosa selezione degli enti risulterebbe, probabilmente, più utile per assicurare una più razionale allocazione delle risorse. E’ nota, infatti, nel non profit, la presenza di normali attività imprenditoriali solo per ragioni di convenienza fiscale”. Non voglio essere irrispettoso verso nessuno, figurarsi verso la CdC, ma di cosa sta parlando? Ha indagato in merito a quanto costa il 5 per mille al netto dei 400 milioni di budget? Cioè: dal punto di vista amministrativo, ha chiesto ai ministeri coinvolti il costo dell’esame delle pratiche, dei controlli, ecc? Perché, a leggere le premesse del documento, questo sarebbe il ruolo della Corte: leggo a pag 1 ” la Corte dei conti svolge il controllo sulle gestioni delle amministrazioni pubbliche, verificandone la legittimità e la regolarità, il funzionamento degli organi interni, nonché la corrispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa”.

Quindi, se le organizzazioni iscritte sono troppe perché costano troppo rispetto ai 400 milioni di beneficio che il sistema paese riceve attraverso il non profit, si rilevino i costi del costo amministrativo e poi parliamone. Ops! Non è stato fatto. Ops: non sappiamo neppure quante risorse umane ogni ministero ha allocato per il 5 per mille. E allora di cosa stiamo parlando?

Perché poi la CdC dice – come riportato sopra – “E’ nota, infatti, nel non profit, la presenza di normali attività imprenditoriali solo per ragioni di convenienza fiscale”. Nel senso … che c’azzecca? C’è chi se ne approfitta del non profit e poi persino del 5 per mille? Non è una gran scoperta, ma soprattutto, dalla magistratura mi aspetto che mi dica CHI se ne approfitta. E’ come se un magistrato penale dicesse “c’è chi perpetra delitti, c’è chi uccide!” Alla faccia, che scoperta! Collegare una asserita eccessiva numerosità di enti iscritti al fatto che tra questi può essercene qualcuno che non ne avrebbe diritto perché usa per fini impropri le risorse, ecco mi sembra che sia un ragionamento non congruo, non c’è collegamento tra i due fatti!

2. C’è il problema del conflitto di interessi tra CAF e associazioni beneficiarie. Ne parlò meritoriamente tempo fa Vita, la Corte dei Conti lo sottolineò, alcune amministrazioni lo ribadiscono. Certo, sarebbe stato anche onesto citare un articolo de Il Sole 24 Ore del luglio scorso (a firma di Valentina Melis) che riprese ampiamente l’argomento e fece venire fuori due posizioni quanto meno particolari (leggi qui).

3. Solita manfrina di pubblicare assieme i dati di chi – legittimamente – è presente in diversi elenchi in modo che si possano leggere i dati aggregati. L’Agenzia delle Entrate dice che da quest’anno l’ha fatto e che riprenderà gli elenchi degli anni passati. Secondo me non c’entra nulla con la trasparenza ecc. ma alla CdC piace tanto!!!

4. Sono esclusi dal 5 per mille “culturale” gli enti pubblici. Se ne duole la CdC. Anch’io e l’ho sempre pensato.

5. “Irrazionale risulta l’impossibilità di scelta diretta dell’ente da parte dei contribuenti nella scheda per l’opzione della destinazione del 5 per mille a favore delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici”. L’abbiamo sempre detto (la prima volta qui nel febbraio 2012). E il Ministero (in)competente dice che è allo studio un decreto che riformuli la questione a favore finalmente del contribuente e della sua libertà di scegliere chi vuole.

6. Sempre sul 5 per mille alla cultura, la CdC chiede che nelle more sia specificato che le somme non vanno al Ministero ma a soggetti privati. L’Agenzia dice che giurin giretto lo farà presente nei modelli Unico, 730 ecc.

Altre considerazioni della CdC e delle amministrazioni coinvolte

7. Se il legislatore intende proseguire col 5 per mille, dice la CdC, questo deve essere stabilizzato ed essere efficiente. Il Ministero dell’Economia risponde: sì ma devono trovarsi le risorse di copertura.

8. Elenchi stabili ed iscrizione una volta per tutte. E qui si alza la ola da stadio.

9. il 5 per mille deve essere 5 per mille. Se non ci sono risorse deve essere rinominato, afferma la CdC che aggiunge “è grave che il patto tra lo Stato e i contribuenti venga sistematicamente violato”. Come dare torto? L’avevamo già detto, mi sembra. No? E qui ritorna il Ministero dell’Economia vestito da becchino che dice che bisogna fare attenzione a non mettere a repentaglio gli equilibri della finanza pubblica.

10. Soglia minima. Bisognerebbe evitare di dare somme minime ad enti piccoli, dicono. A parte il fatto che la libertà del contribuente di dare il proprio 5 per mille dovrebbe essere comunque salvaguardata, si parla di somme date a pioggia ma nessuno afferma che piccole somme portano in certi contesti grandi risultati (è quello che ritengo e che ho visto).

11. Tetto superiore per i grandi enti.

Afferma la CdC “Spetta al legislatore, inoltre, stabilire l’opportunità di trovare adeguati strumenti di riequilibrio – come, per esempio, fissare una soglia in alto, oltre la quale gli enti perdano il beneficio della ripartizione delle quote inoptate – per garantire il soddisfacimento di bisogni che stentano a trovare adeguata rappresentanza, pur nella salvaguardia della libertà di scelta dei contribuenti.” A parte che era una vecchia idea di Zamagni (ancora lui!!!) e della sua dimenticabilissima gestione dell’Agenzia del Terzo Settore, e solo per questo l’idea dovrebbe perdersi come lacrime nella pioggia (cit.). E poi – e a conferma della genesi – è un’idea davvero singolare, per non dire strampalata. Dato che prendi troppi soldi (rectius: che i contribuenti te ne danno tanti) allora la parte dell’inoptato a te riferita la diamo ad altri! Quindi i fondi (destinati dai contribuenti) per malati di diverse forme di cancro, per i bambini sordo ciechi, per le popolazioni del terzo mondo, per i poveri italiani (queste le prime posizioni del 2012), ecco questi fondi vanno un po’ decurtati perché così le organizzazioni che prendono di meno (ma non erano quelle che si volevano tagliare?) potranno prendere di più. Ragionamento linearissimo, direi!!!

12. I soldi devono essere dati più velocemente. Come non essere d’accordo? L’Agenzia afferma che si potrebbe fare come per il 2 per mille ai partiti politici, non tenendo conto delle dichiarazioni tardive, integrative o correttive. Ci facessero sapere di quanti soldi in meno stiamo parlando, se ne potrebbe discutere. Detto così, mi sembra più che una supposizione, una supposta.

13. Unica struttura che paga. D’accordissimo.

14 e 15. Unica anagrafe del 5 per mille e del non profit. Già detto e ripetuto alla nausea in questo sito e altrove.

16. Semplificazione delle procedure ma anche uniformità e trasparenza dei rendiconti. Presenti!

17. Controlli e verifiche. E le facciano!!! Poi aggiungono: cofinanziamento. E allora sia un ministero che il CSVnet dicono: guardate che è già così, e non potrebbe essere altrimenti. Nessuno si basa solo sul 5 per mille, considerato che peraltro arriva con due anni di ritardo. Quindi: proposta inutile e fuorviante o che non tiene conto della realtà dei fatti i quali sono ben più testardi delle opinioni.

18. Pubblicità dei reprobi, di chi sgarra. E la facciano!!! E’ il loro dovere!

Ultima annotazione. Le organizzazioni rappresentative del non profit – la cui relazione unitaria era stata citata dalla CdC moltissime volte nella precedente tornata (relazione della CdC del dicembre 2013)  – qui si sono mostrate ampiamente latitanti.

Solo il CSVnet (coordinamento dei centri di servizio) entra negli argomenti, esprime pareri sui singoli punti, riporta la propria esperienza al servizio dell’indagine.

L’Istituto della Donazione riporta frasi general generiche, quelle che vanno bene sempre, sia che commentiate le partite al bar con gli amici, sia che dobbiate intrattenervi con l’ambasciatore di uno sperduto paese africano.

Il Forum nazionale del Terzo Settore è il grande assente. Forse troppo preso a far convegni sui decreti delegati in assenza della legge delega, evidentemente non ha avuto tempo e modo di dire la sua alla massima magistratura contabile dello Stato. Non è che era un po’ imbarazzato dal fatto che avrebbe dovuto dire qualcosa sulle associazioni sue socie troppo vicine ai CAF?

Son sempre il solito mal pensante, eh?

Carlo Mazzini

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