Sarà perché sono sensibile a certi argomenti, ma non appena si scrivono imprecisioni sui profili fiscali della raccolta fondi io mi inquieto.
Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha pubblicato un documento datato dicembre 2017 relativo a emendamenti al Codice del terzo settore che, se molti di essi li trovo condivisibili, su un punto in particolare mi ha fatto saltare sulla sedia.
L’antefatto è che come molti sanno, ma evidentemente non tutti, la raccolta fondi è un insieme di tecniche di avvicinamento dell’organizzazione a potenziali donatori, tecniche che prevedono quasi sempre l’assenza di un bene o servizio per corrispettivo.
Crowdfunding no reward, payroll giving, lasciti, donazioni sollecitate per mailing ecc.
Ci si alza la mattina del 1 gennaio, ancora rincretiniti da baldorie dell’ultimo dell’anno (non abbiamo più l’età!) e già pensiamo come premere su vecchi e nuovi donatori, raccontando loro le imprese magnifiche che faremo con loro e grazie a loro.
Alla fine dell’anno, mentre stiamo preparando la tacchina di capodanno, mandiamo l’ultima email di ringraziamento ai donatori.
Nei 365 giorni abbiamo fatto di tutto per sollecitare donazioni in soldi e in natura.
Questa si chiama RACCOLTA FONDI. Definita giuridicamente dal comma 1 dell’articolo 7 che non a caso parla di “complesso di attività …”.
Poi, abbiamo le raccolte pubbliche occasionali (le cd raccolte di piazza) che si caratterizzano sia dal fatto che siano pubbliche (condizione necessaria ma non sufficiente) sia e soprattutto che devono essere occasionali.
Perché devono essere occasionali? Perché vedono intervenire tra il donatore e l’organizzazione un bene di modico valore o un servizio. Non si tratta di una vendita in quanto la norma originaria parla di “offerta al sovventore” e il sovventore è chi sovvenziona e il bene o servizio fungono da ringraziamento e memento da parte dell’ente verso il donatore. Tant’è che se voi andate al banchetto dell’associazione ALFA dove offrono il “cuscino della suocera” (nota pianta grassa) a 10 euro e voi donate 10 euro potete anche non ritirare la graziosa pianta e se ne date 15 non vi danno il resto di 5. Non essendo una vendita, l’Unione europea – ai fini IVA – tratta esplicitamente queste occasioni occasionali di esposizione in piazza in modo che si rifugga dal rischio che a lungo andare l’associazione ALFA metta le tende nella piazza e faccia concorrenza sleale. Per i feticisti delle norme, ci si riferisce alla Direttiva 112/06, articolo 132, c 1, lett o e comma 2 dove si legge
Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
o) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni effettuate dagli enti o dagli organismi … in occasione di manifestazioni per la raccolta di fondi, organizzate a loro esclusivo profitto, purché l’esenzione non sia tale da provocare distorsioni della concorrenza;
Ai fini del paragrafo 1, lettera o), gli Stati membri possono introdurre ogni necessaria limitazione, in particolare riguardo al numero delle manifestazioni o all’ammontare degli introiti che danno diritto all’esenzione.
La normativa precedente di defiscalizzazione lato IRES (e IVA e altri tributi) era completa. Nell’art 79 del CTS è stata riproposta paro paro.
La proposta dei commercialisti è fuorviante perché non conoscendo l’antefatto propongono di sostituire il testo dell’attuale 79.4.a (non concorrono alla formazione del reddito) …
a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione
in
a) le entrate derivanti dalle raccolte fondi di cui all’articolo 7, a condizione che siano integralmente destinate allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei precedenti commi 2 e 3.
I rischi di sostituire il vecchio con il nuovo sono numerosi.
Non c’è bisogno di dire che tutto ciò che è donazione (raccolta fondi in generale senza presenza di bene o servizio) non concorre alla formazione del reddito, perché il presupposto della commercialità è che vi sia uno scambio tra le parti. Se c’è una donazione “pura” manca il presupposto oggettivo di commercialità.
Quindi la raccolta fondi dell’articolo 7 è di per sé esente da IRES.
Dire che “le entrate derivanti dalle raccolte fondi di cui all’articolo 7,” sono esenti se sono destinate alle attività di interesse generale se svolte “… in conformità ai criteri indicati nei precedenti commi 2 e 3 (del 79, ndr)” è un controsenso quando nel comma 2 dell’articolo 79 si parla di corrispettivi che qui mancano!
Inoltre è rischioso perché sembra offrire un lasciapassare di non commercialità alle raccolte fondi di piazza tout-court che invece DEVONO essere occasionali per norma europea e appunto il senso della decommercializzazione delle RF occasionali risiede nella presenza di beni o servizi nei rapporti tra donatore e ente e nel fatto che devono essere … occasionali per evitare storture nella concorrenza. Il consiglio al Consiglio è che ritiri questa proposta o che chi è chiamato ad accoglierla non la accolga.
Che fatica, ragazzi. Che fatica.
Carlo Mazzini