Quest’estate, mentre c’era chi, ancora sotto l’effetto dei mojito gustati con tanta eleganza e sobrietà, faceva saltare il governo, nel ministero che più ci sta a cuore si produceva e si lavorava per arrivare alle linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del terzo settore.
Grazie al decreto ministeriale (lavoro e politiche sociale) del 4 luglio, pubblicato il 9 agosto in Gazzetta Ufficiale, ora sappiamo come si scrive un bilancio sociale per una non profit. Prima, evidentemente, non ne eravamo a conoscenza, dato che è solo da 20 / 25 anni che se ne fanno!Se intendete conoscerne il contenuto, fate come me, andatevelo a leggere qui.
Se vi siete ripresi dalla narcolessia che provoca il documento di 12 paginette – incluso testo del decreto e note – noterete alcune cose che ho notato anch’io.
A Al Ministero non conoscono la differenza tra Sommario e Indice. Mettono quello che è l’indice dei 7 paragrafi alla fine (e non all’inizio) e lo chiamano Sommario. Quanto meno hanno un’idea diversa dalla Treccani. (Sento alti i vostri lai “Mazzini, sei il solito pignolo”)
B Andiamo più nella sostanza. Il Bilancio deve contenere
- Metodologia adottata per la redazione del bilancio sociale
- Informazioni generali sull’ente (e qui, lo giuro, hanno scritto “nome dell’ente; codice fiscale; partita IVA; forma giuridica e qualificazione ai sensi del codice del settore; indirizzo sede legale; altre sedi; aree territoriali di operatività” e via banal banalizzando!)
- Struttura, governo e amministrazione
- Persone che operano per l’ente
- Obiettivi e attività
- Situazione economico-finanziaria
- Altre informazioni
- Monitoraggio svolto dall’organo di controllo (modalita’ di effettuazione ed esiti)Diciamo che non hanno avuto grandi guizzi di originalità.
Non solo: il punto più rilevante sarebbe il punto 5 (Obiettivi e attività), che viene invece poco spiegato con aria fritta così rappresentata:
“informazioni qualitative e quantitative sulle azioni realizzate nelle diverse aree di attivita’, sui beneficiari diretti e indiretti, sugli output risultanti dalle attivita’ poste in essere e, per quanto possibile, sugli effetti di conseguenza prodotti sui principali portatori di interessi. Se pertinenti possono essere inserite informazioni relative al possesso di certificazioni di qualità. Le attivita’ devono essere esposte evidenziando la coerenza con le finalita’ dell’ente, il livello di raggiungimento degli obiettivi di gestione individuati, gli eventuali fattori risultati rilevanti per il raggiungimento (o il mancato raggiungimento) degli obiettivi programmati;”
C’è un’espressione romanesca – che qui evito – che riassumerebbe la mia sorpresa per la troppa sintesi.
C Non essendo questa una guida, rimando al paragrafo 3 del documento per capire quali enti siano obbligati a redigere il bilancio sociale “per legge”.
D I tempi: nel testo del decreto si dice che (art 3, c 1)
“Le disposizioni recate dal presente decreto si applicano a partire dalla redazione del bilancio sociale relativo al primo esercizio successivo a quello in corso alla data della pubblicazione.”
Anch’io l’ho riletto due o tre volte per capire cosa volesse dire. In sintesi, il primo bilancio sociale – che dovrà seguire i suddetti dettami – dovrà vedere la luce nel 2021 (e votato e depositato / pubblicato entro il 30 giugno di quell’anno) e sarà relativo al 2020.
Al di là che potevano scrivere gli anni in chiaro come ho fatto io, la questione è che molte delle informazioni da riportare e dei controlli (punto 8. Monitoraggio dell’organo di controllo) saranno attive nel corso del 2020 e non dall’inizio del 2020. Una Onlus o una fondazione potrà modificare lo statuto in prossimità del 30 giugno 2020 e attorno a quella data iscriversi al RUNTS. Pertanto il bilancio sociale che coprirà tutto l’anno dovrà tener conto dei due diversi regimi legislativi di riferimento. Questo è rilevante in termini ad esempio della prevalenza delle attività di interesse generale, che verranno svolte solo da metà anno in poi (e quindi non saranno prevalenti nell’anno).
E Meno male.
Meno male che le hanno scritte così, pestando nel mortaio una certa quantità di aria. Queste linee guida non sono “invadenti”, lasciano molta libertà agli enti di descrivere come vogliono le proprie attività. Pertanto anche un domani potremo distinguere un bilancio sociale fatto bene da uno redatto con i piedi, e questo nostro giudizio non si baserà sull’adeguatezza del testo a criteri burocratici, ma sulla capacità dell’ente di far conoscere ciò che fa e come lo fa. Nulla di nuovo sotto il sole.
Certo, una spada di Damocle sfiora i nostri bei capini: al par. 2, si riporta nell’ultima frase questo grave vaticinio:
“Esula dal presente documento la trattazione della valutazione di impatto sociale, che costituira’ oggetto di specifiche linee guida …”.
E lì, vi anticipo, non faranno prigionieri! Siate pronti alla fiera delle banalità.
Carlo Mazzini