Un piccolo numero rischia di mettere in difficoltà il non profit e quindi, non esagero, tutta la comunità italiana.
L’ultimo decreto uscito in Gazzetta Ufficiale domenica (DPCM 22 marzo 2020) riporta le tipologie di attività che, in emergenza coronavirus, possono continuare ad operare e le traduce in un allegato con l’elenco delle stesse secondo la classificazione ATECO. Per i meno aggiornati, ATECO sta per Attività ECOnomiche, ed è il modo dell’ISTAT e di tutta l’Europa di classificare con numerazione le classi di attività economiche.
Nel testo, all’art 1 si legge al comma 1, lettera e) che “sono comunque consentite le attività che erogano servizi di pubblica utilità”.
Fatte comunque salve le attività sanitarie, qui ci si potrebbe ricondurre gran parte del non profit, ad eccezione delle organizzazioni che realizzano attività solo a favore dei propri associati. Ma anche in quest’ultimo caso qualcuno potrebbe obiettare: se gli associati – unici destinatari dell’attività – avessero qualche svantaggio di natura economica, sociale o di salute, non sarebbero le attività dell’ente di pubblica utilità? La pubblica utilità e l’utilità sociale (delle Onlus, ad esempio) sono la stessa cosa? In questo caso potrebbero operare solo le Onlus e le ODV (che in prevalenza fanno attività rivolte a terzi)? Potrebbero operare anche le APS che si trovassero ad operare come le ODV ma non le APS che si trovassero ad operare soprattutto a favore degli associati, con associati non svantaggiati?
Da qui altre mille domande.
Magari ci viene in soccorso l’allegato, l’elenco dei codici ATECO, mi son detto.
Beata innocenza.
Nell’allegato si legge
“Codice 94 – Attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali”
Ma andando a leggere i codici Ateco sul sito dell’ISTAT e ricordando che gran parte degli enti hanno un codice ATECO che inizia per “94” seguito da altre 3 cifre (ad esempio le ONG hanno 94.99.4, le Attività di organizzazioni per la filantropia sono classificate sotto il 94.99.5 e via dicendo, leggo,
94 Attività di organizzazioni associative (e questo è l’insieme che comprende i tre seguenti sottoinsiemi)
94.1 ATTIVITÀ DI ORGANIZZAZIONI ECONOMICHE, DI DATORI DI LAVORO E PROFESSIONALI
94.2 ATTIVITÀ DEI SINDACATI DI LAVORATORI DIPENDENTI
94.9 ATTIVITÀ DI ALTRE ORGANIZZAZIONI ASSOCIATIVE
Quindi, nel decreto rilevo un errore di mancata corrispondenza tra il Codice (94) e la descrizione (Attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali che in realtà corrisponde a 94.1) e pertanto mi chiedo: la descrizione non corrispondente al codice che il decreto dà al codice ATECO riportato è quella voluta dal Governo?
In definitiva: si intende consentire di tenere aperte solo le “Attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali” (nel qual caso avrebbero dovuto riportare 94.1), oppure c’è stata una svista e si sarebbero davvero voluto includere anche i sindacati (94.2) e le Attività di altre organizzazioni associative (94.9) e quindi avrebbero dovuto scrivere accanto a 94 “Attività di organizzazioni associative”?
Urgerebbe una risposta: come si è palesato in queste settimane, la nostra società ha bisogno davvero tanto di un terzo settore libero e autorizzato ad operare.
Carlo Mazzini