La coerenza non è un valore che tutti praticano, si sa.
E così il Senato ha approvato, in sede di conversione del DL fiscale (DL 146/21), un emendamento contenente due disposizioni: una aiuta le ODV e le APS, l’altra incasina l’associazionismo in generale.
Aiuto a ODV e APS
Al fine di rendere di fatto già operativa una parte di Riforma (Codice del terzo settore) per le ODV e le APS si prevede che esse possano utilizzare un meccanismo di semplificazione della tenuta delle attività commerciali attraverso l’applicazione di un regime “simil-minimi” che prevede (ai soli fini IVA, attenzione) alcune semplificazioni notevoli come (copio da documentazione del Senato)
Non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale IVA. Non devono comunicare all’Agenzia delle entrate le operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro) né quelle effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list. Chi applica il regime forfetario, inoltre, non ha l’obbligo di registrare i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute.
La possibilità quindi di fare attività commerciale, aprendo partita IVA, ovvio, ma gestendola senza troppi mal di testa: il tutto fino a 65mila euro di ricavi annui.
Nessuna innovazione, invece, sul versante IRES, imposte dirette.
E’ una bella notizia? Sì, a mio avviso. E’ una semplificazione. Certo è arrivata improvvisamente ed è un lavoro a metà, ma probabilmente è già applicabile da fine anno o in quello nuovo.
La Volpe e l’IVA: il ritorno
Questa è più complessa da spiegare. Intanto vi segnalo questo mio articolo di un anno fa (La volpe e l’IVA) quando qualcosa di simile successe ma poi rientrò.
Mi scuseranno i puristi, ma cerco di spiegarla così.
In sintesi, tutto verte sul fatto che la normativa italiana prevede che quando le associazioni vendono qualcosa ai propri soci, in merito al profilo IVA la vendita sia esclusa dall’applicazione (appunto) dell’IVA e quindi non solo non la si applichi, ma proprio non si debba considerare alcun obbligo relativo all’IVA, tanto è vero che una parte preponderante di associazioni – giustamente – non ha aperto la P IVA, non realizzando attività commerciali.
Da circa 10 anni, l’Unione europea ci contesta il fatto che noi abbiamo male interpretato la Direttiva 2006/112 sullo specifico tema, dato che il testo europeo parla di esenzione dell’IVA e noi invece escludiamo del tutto l’applicazione dell’IVA.
Il Senato, su proposta di 4 senatori della Lega e con l’ok del Governo, ha ritenuto di dare ragione all’Europa e quindi di far partire a brevissimo (credo inizio ’22) il nuovo regime IVA che vuol dire che una qualsiasi associazione, nel momento in cui vende qualcosa di inerente alle sue finalità al proprio socio, debba emettere fattura applicando IVA a zero.
Ovviamente, oltre ad aprire Partita IVA (cosa semplice) deve capire quale regime adottare e quali adempimenti deve seguire.
En passant, quote associative, donazioni e contributi da enti pubblici non sono interessati da questa innovazione.
Ma, per fare un esempio, se un circolo di scacchi vende ai propri associati una propria rivista o un corso di formazione su come battere gli avversari mangiando un chupa chups, fino ad oggi poteva farlo pacificamente con emissione di piccola ricevuta non fiscale e non pensando proprio all’IVA.
Da “domani” deve emetter fattura, registrare il corrispettivo e caricarsi di 1000 altri adempimenti!
E’ un fulmine a ciel sereno per associazioni con un’amministrazione spesso retta da volontari, che hanno fatto di tutto per evitare attività commerciali non per non pagare imposte ma terrorizzati dagli adempimenti.
Il testo è stato approvato ed è passato alla Camera ed è improbabile che verrà modificato in quanto non ci sarebbe il tempo per passare in seconda lettura al Senato (scade il 20 dicembre!).
Gli autori dell’emendamento sono stati i senatori della Lega Bagnai, Rufa, Casolati, Lucidi
Il Senato ha dato l’OK e il Governo ha dato parere favorevole.
Trovarne uno (dico uno!) che abbia capito che cretinata ha fatto e votato è speranza vana.
Possiamo sperare che o nella Manovra o in altro DL venga abrogato il comma 15-bis dell’art 5, buttando l’acqua sporca ma salvando il bambino dell’agevolazione IVA a ODV e APS (art 5, comma 15-ter).
Possiamo anche sperare che le rappresentanze del non profit facciano sentire la loro voce – come fecero lo scorso anno – e espongano con efficacia le ragioni dell’abrogazione.
Poi, certo, qualcuno dovrà mettere le cose a posto con la Commissione Europea.
Magari non a dicembre!
Carlo Mazzini
PS: grazie ai colleghi che mi hanno segnalato la questione. Se non ci fossero loro!!!
Articolo 5 del DL 146/21
Dopo il comma 15, inserire i seguenti:
15-bis. Al decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4:
1) al quarto comma, le parole da “ad esclusione di quelle” a “organizzazioni nazionali” sono soppresse;
2) al quinto comma, le parole “, escluse le pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati” nonché le parole “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali” sono soppresse;
3) i commi sesto, settimo e ottavo sono abrogati;
b) all’articolo 10, dopo il comma terzo, sono inseriti i seguenti: “L’esenzione dall’imposta si applica inoltre alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA:
1) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
2) le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
3) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al numero 1 del presente comma, organizzate a loro esclusivo profitto;
4) la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività.
Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano a condizione che le associazioni interessate abbiano il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge, e si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117:
a) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
b) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
c) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
d) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
e) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Le disposizioni di cui alle lettere b) e d) del quarto comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.”.
15-ter. In attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del Terzo settore, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000, applicano, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all’articolo 1, commi da 58 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
15-quater Le disposizioni di cui ai commi 15-bis e 15-ter rilevano ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto.