Ma la sponsorizzazione è raccolta fondi?

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A me gli occhi, fundraiser.

Rimanete un attimo concentrati e smettetela di cantare “Donor love” con una cantilena reggae da figli dei fiori o a ripetere, come in Hair, let’s the sunshine

Se fate un piccolo sforzo vedrete che ce la farete a capire quello che sto per dirvi.

Facciamo un ragionamento sulla classificazione delle “entrate da aziende” per una non profit.

La classificazione è indispensabile perché ci permette di incasellare una relazione con un’azienda nel punto giusto e ci fa condurre i successivi passi (contrattuali, fiscali, comunicativi con i terzi ecc) in modo coerente.

Facciamo un esempio.

Nelle entrate da aziende, dove “metto” le sponsorizzazioni?

La domanda è generica e non può avere una risposta netta, se è posta così.

Riformuliamo la domanda individuando i cinque contesti nei quali può avere senso.

  • Dove metto le sponsorizzazioni dal punto di vista delle voci di bilancio.
  • Dove metto le sponsorizzazioni dal punto di vista della qualificazione del rapporto giuridico.
  • Dove metto le sponsorizzazioni dal punto di vista del fisco.
  • Dove metto le sponsorizzazioni dal punto di vista dell’organizzazione interna del lavoro, dell’organigramma.
  • Dove metto le sponsorizzazioni dal punto di vista della rendicontazione allo sponsor.
  • Bilancio

È il più semplice, perché la norma – art 79, c 5, D Lgs 117/17, CTS – nel calcolo della commercialità dell’ente (che qui non spiego) esplicita che tra le attività diverse (art 6 CTS) ci sono le sponsorizzazioni.

Quindi, quando ci leghiamo con un’azienda sulla base di un rapporto di sponsorizzazione, i ricavi e i costi afferenti questa attività vanno inseriti nella sezione B del Bilancio.

  • Qualificazione del rapporto giuridico

Giurisprudenza copiosissima e altrettanto abbondante dottrina ci dicono che il rapporto di sponsorizzazione è di natura sinallagmatica, di corrispettività. Quindi, contratto tra due soggetti per equivalenti: visibilità del marchio versus corrispettivo in denaro (o in beni o servizi, nulla cambia). Anche per la legge speciale (Codice del terzo settore) siamo in un contesto estraneo alla raccolta fondi come definita da art 7, c 1 del Codice dove parla di “contributi di natura non corrispettiva”. La sponsorizzazione non è raccolta fondi (dal punto di vista del contesto giuridico)

  • Fisco

Anche qui, giurisprudenza, dottrina e documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate qualificano questa relazione – partendo dal punto precedente – come rapporto di natura commerciale, con le conseguenze del caso.

Partita Iva, fatturazione elettronica, adempimenti vari tra i quali pagamento delle imposte, dichiarazioni, e ammennicoli vari, con o senza applicazione di regimi speciali.

  • Organizzazione interna del lavoro, organigramma

Abbiamo detto che le sponsorizzazioni non sono una forma di raccolta fondi dal punto di vista della legge e del rapporto giuridico.

Non sono riferibili all’art 7 (raccolta fondi) del Codice del terzo settore che parla di “contributi di natura non corrispettiva”. Ma nulla ci vieta di “utilizzare” il personale dedicato al corporate fundraising per promuovere relazioni di sponsorizzazione con aziende. Una delle conseguenze è che dedicherò una parte dei costi del personale o dei consulenti a questa attività per cercare e gestire gli sponsor e questa mia decisione avrà conseguenze dal punto di vista contabile / bilancistico e delle imposte (anche IRAP). L’esempio più semplice è che se avete un soggetto come il sottoscritto che segue dal punto di vista giuridico e fiscale le relazioni con le aziende, una parte del suo costo sarà allocato tra i costi delle attività diverse, con un risparmio sia sulle imposte dirette che sull’IVA.

  • Rendicontazione allo sponsor.

Diversamente dalle donazioni vincolate ad un certo progetto, le sponsorizzazioni non sottendono vincoli di destinazione dei fondi ad un certo fine ma obbligazioni di fare che si esauriscono nel far comparire il marchio dell’azienda in determinate occasioni create e organizzate dalla non profit.

Pertanto sono fondi “liberi”. Volete utilizzarli per pagare la sede, i consulenti, le imposte, il personale (anche quello di segreteria), l’acquisto di computer? Liberissimi di farlo. Nel contratto scritto che sottoscriverete con l’azienda non deve risultare un obbligo di realizzazione di determinate attività con quelle entrate. La vostra organizzazione è unicamente obbligata a far comparire il marchio in un determinato evento.

E, di più, se l’evento nel quale compare il marchio dell’azienda non vi costa nulla o ha costi coperti da altri soggetti o da fondi propri, non è affare dello sponsor.

  • Conclusioni

Ora, immaginate che, dalle entrate più semplici a quelle più complesse, ripercorriate lo stesso iter argomentativo, la stessa sequenza logico-sistematica … sarebbe utile, non credete?, per evitare di fare errori nella comunicazione e nella progettazione dei rapporti con le aziende (e non solo).

Provateci con:

  • Aste di beneficenza
  • 5 per mille
  • Loyalty
  • Licensing
  • Lotterie

Adesso, cari fundraiser; riprendete pure il vostro corso di limbo dance & donor love.

Carlo Mazzini

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