Alzi la mano chi conosce il Social Bonus. Poche mani.
E quanto tempo è passato perché questa agevolazione (spoiler) andasse a regime? Non vale tirare ad indovinare!
E a quanto ammonta la dotazione secondo il Bilancio dello Stato? Ok, questa era difficile.
Ultimo sforzo: quanti progetti sono stati finora finanziati?
Ehi, ma ci siete?
Allora facciamo chiarezza, perché da questa storia credo ci sia da imparare qualcosa non solo sul fundraising o sul Codice del terzo settore ma anche su come funzionano certe cose.
Il Social Bonus è un incentivo fiscale che trasforma le donazioni in opportunità per gli enti del terzo settore di recuperare edifici pubblici non utilizzati e beni confiscati alla criminalità organizzata. L’idea è semplice: chi dona ottiene un credito d’imposta, gli Enti del Terzo Settore (ETS) trovano spazi per le loro attività sociali, e la collettività recupera luoghi preziosi che altrimenti resterebbero inutilizzati.
Per le persone fisiche, il credito d’imposta (spalmato in tre anni) è pari al 65% dell’importo donato, mentre per le imprese è del 50%. Ci sono dei limiti: per i privati il credito non può superare il 15% del reddito imponibile, mentre per le aziende è fissato al 5 per mille dei ricavi. Per ottenere il Social Bonus, il progetto deve essere approvato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e l’immobile recuperato deve essere destinato ad attività senza scopo di lucro per almeno 10 anni.
Si tratta di un vero win-win: da una parte, c’è un patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato che, senza interventi, perde valore e genera costi di mantenimento per lo Stato e le altre amministrazioni. Dall’altra, ci sono gli ETS, che hanno bisogno di spazi per le loro attività, ma spesso non hanno le risorse per acquistarli. Il Social Bonus crea un ponte tra queste due esigenze, trasformando un problema in una risorsa.
Alla fine, anche lo Stato ci guadagna. Certo, all’inizio rinuncia a una parte delle entrate fiscali, ma in cambio valorizza il patrimonio pubblico e contribuisce al benessere della comunità, sostenendo servizi essenziali come salute, protezione sociale e tutela dell’ambiente. Il tutto con un costo decisamente ridotto, sotto forma di credito d’imposta. Inoltre si genera lavoro, acquisto di materie prime, fatturato, utili e tasse.
Insomma, il Social Bonus è molto più di un semplice incentivo fiscale: è un’opportunità di crescita per tutti.
Quindi: cosa mai potrà andare storto?

La premessa è che il Social Bonus non c’entra nulla con la questione dell’autorizzazione della Commissione europea, quindi quando il Codice del terzo settore è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (agosto 2017) il SB poteva essere subito attivato.
Aveva bisogno solo di un decreto interministeriale (lavoro, economia, interno e cultura) che è comparso non subito (chiamasi eufemismo), ma a luglio 2022.
Ragione per cui a partire dalla dichiarazione dei redditi 2023 (per i redditi conseguiti nel 2022) esiste un codice nel quale si sarebbe potuto inserire il valore del credito d’imposta del social bonus.
“Si sarebbe potuto …” perché mancavano altri tasselli, tra i quali un decreto di adozione della modulistica necessaria per la presentazione delle istanze (uscito nel luglio 2023) e poi l’istituzione della Commissione di valutazione dei progetti nominata nel gennaio 2024.
A luglio del 2024 la commissione ha approvato i primi 5 progetti (su 7 presentati) e a settembre altri 2 (su 3 presentati).
Dei 7 progetti approvati, ne sono stati pubblicati solo i primi 5 nella “Vetrina” del sito del Ministero (date di pubblicazione tra settembre ’24 e gennaio ’25).
Ora, prima di andare a vedere i numeri “economici”, rendiamoci conto come, in tema di temps perdu, rispetto alla nostra burocrazia Proust era un dilettante.
Circa 1800 giorni per scrivere un decreto interministeriale.
Altri 500 giorni tra il decreto interministeriale e l’approvazione della modulistica.
200 giorni tra la modulistica e l’istituzione della commissione di valutazione dei progetti.
Certo: per il decreto interministeriale si dovevano mettere d’accordo 4 ministeri. Nel frattempo sono cambiati 5 governi per non parlare di ministri, sottosegretari ecc. Poi si può sempre citare la pandemia, che va bene su tutto.
Resta il fatto che fanno impressione gli oltre 2500 giorni necessari per sapere i nomi dei primi enti che possono accedere ad una misura agevolativa win-win, e che favorisce tutte le parti in causa.
Dal punto di vista economico, poi, ho fatto due conti.
I primi 5 progetti chiederanno a persone fisiche e aziende donazioni fino ad un totale di quasi 4 milioni.
Sono tanti o pochi rispetto a quanto è stato finanziata la misura? Il Social bonus ha una dote nel bilancio dello Stato di circa 30 milioni all’anno.
Attenzione: 30 milioni non è il valore delle donazioni ma del risparmio d’imposta utilizzato dai donatori e quindi del costo per lo Stato.
Ho fatto alcuni calcoli e sono arrivato alla conclusione che nel 2024 è stato utilizzato meno dell’1% di quanto è stato stanziato nel bilancio dello Stato per ognuno dei tre anni a venire (vi ricordo che il credito viene diviso in tre quote annuali) e sempre che i 4 milioni che gli ETS vengano raccolti tutti nel 2025.
Nel frattempo, le dotazioni degli scorsi anni di circa 30 milioni all’anno non sono state cumulate nel capitolo di spesa per il Social Bonus. Non sono state aggiunte – per dire – alla dotazione del 5 per mille, e neppure per finanziare il fondo contro la povertà educativa.
No. Sono soldi risparmiati in quanto non spesi e quindi nessuno spreco: rappresentano in definitiva un risparmio per lo Stato.
Ma non sono neppure stati investiti in ciò che fa crescere le nostre comunità.
In definitiva, basta lamentarsi che esiste una burocrazia lenta e macchinosa. Tutto alle spalle.
Però penso sia giusto, a partire da ora, chiedere maggior snellezza nelle decisioni e coraggio nell’investire – ad esempio – in una pubblicità istituzionale del Social Bonus e, perché no, delle donazioni in generale e del 5 per mille.
Tutte misure che davvero fanno la differenza per ognuno di noi, a partire da chi si trova a vivere in situazioni di difficoltà.
Carlo Mazzini
